L’ecosistema scaleup italiano nel 2022 ha finalmente superato la soglia dei $2B in funding annui, con un incremento di oltre il 40% rispetto al 2021.

I dati, contenuti nel Report “Tech Scaleup italy 2023” realizzato da Mind the Bridge con il supporto di TIM Enterprise e presentati oggi all’ITW – Italian Innovation Week all’interno della sessione “Accelerating business opportunities with TIM Enterprise and Google Cloud“, offrono uno spaccato di una economia dell’innovazione italiana in netta crescita, su cui ha molto senso continuare a investire, anche se il 2023 subirà un rallentamento in linea con il momento recessivo globale.

I numeri

A dicembre 2022 l’Italia ospitava 557 scaleup, aziende tecnologiche mature, che sono state in grado di raccogliere 7,3 miliardi di dollari in equity e generare revenue per circa 4,4 miliardi di dollari, quasi lo 0,2% del PIL italiano, impiegando direttamente 18.000 persone, ovvero lo 0,08% dell’occupazione totale

“I dati ci dicono che ogni dollaro investito nel Venture Capital italiano produce sessanta centesimi di prodotto interno lordo, numero peraltro in crescita non lineare. Ossia ritorna in meno di due anni”, ha commentato Alberto Onetti, Chairman di Mind the Bridge che ha presentato i dati a Torino. “Investire nella cosiddetta startup economy è esercizio poco rischioso perlomeno in termini aggregati e in una prospettiva di politica industriale. Sarebbe paradossalmente rischioso il contrario, ossia allocare i capitali sulle aziende esistenti che i dati mostrano essere esposte, in media, a crescita modesta o negativa e che non rappresentano vettori di occupazione qualificata, anzi, sono ‘net job destroyers’ come definite dalla Kauffman Foundation.”

E i numeri sopra riportati rappresentano solo la punta dell’iceberg. La ricerca stima circa la presenza di 10.000 startup che non hanno ancora raggiunto lo status di scaleup. Per loro il contributo in termini di reddito è probabilmente ancora modesto ma il potenziale è rilevante, così come il contributo in termini occupazionali (circa 20.000/30.000 persone).

Ma quali sono le caratteristiche della scaleup-tipo italiana che sono emerse?

  • È stata fondata in media nel 2015 
  • Ha impiegato 4 anni per raggiungere lo status di scaleup, raccogliendo almeno $1M 
  • Ha ottenuto in media finanziamenti per $13,4M, producendo $2-5B di entrate all’anno (40%), impiegando tra le 10 e le 50 persone (47%). In realtà circa un terzo produce meno di $1M di entrate l’anno, mentre il 5% produce oltre $50M. Le scaleup più grandi rappresentano una minoranza relativa: il 3% impiega tra le 250 e le 500 persone.
  • Quasi il 90% ha segnalato un aumento dell’organico tra il 2022 e il 2021 e prevede nuove assunzioni nel 2023. Solo 1 azienda su 20 segnala una diminuzione e un 3% prevede licenziamenti nel 2023. 

In questo contesto, Milano rimane la capitale italiana dell’innovazione: è infatti l’unica città italiana presente nel Tech Scaleup City Index, la classifica delle Top15 città europee per numero di scaleup che qui hanno raccolto cumulativamente $4,4B di finanziamenti fin dalla fondazione, ovvero il 60% di tutto il capitale raccolto dalle scaleup italiane. Altri hub in cui si stanno concentrando le scaleup includono Roma, Torino, il Triveneto, l’Emilia Romagna, la Toscana e diverse città del sud Italia, tra cui Napoli e Cagliari. Non si registra invece una specializzazione interna ma una concentrazione significativa attorno a settori tecnologici più “tradizionali” come E-commerce (61 scaleup, $1,2B raccolti), Healthtech (59, $0,5B), Fintech (52, $1,4B), Business & Productivity Software (38, $0,5B) e pubblicità (37, $0,3B).

Il confronto con gli altri paesi

Ad ogni modo, il gap con gli altri ecosistemi rimane ancora significativo: rispetto alla Spagna, suo più vicino contendente europeo, ospita il 35% di scaleup in meno e raccoglie meno della metà dei finanziamenti ($17.3B). Con gli altri paesi il divario è ancora più ampio: un terzo delle scaleup della Germania, (1732) e meno di un quarto della Francia (2258) per, rispettivamente, 9 e 7 volte meno ($66.2B e $53.5B). In termini di scaler, parliamo di 18 italiane verso 30 spagnole, 109 francesi e 113 tedesche con Satispay, Docebo, Scalapay, Medical Microinstruments (MM), Newcleo e Bending Spoons tra gli “Italian Tech Champion”.  

L’Italia ora ospita circa 1 scaleup ogni 100.000 persone (Scaleup Density Ratio) mentre gli investimenti nelle scaleup rappresentano lo 0,25% del PIL (Scaleup Investing Ratio). Due indici ancora ben lontani dalle medie europee – rispettivamente di 3,8 scaleup/100.000 abitanti e 1,3% del PIL – e dalla fucina dell’innovazione europea, i paesi nordici.

I capitali

Sul fronte dei capitali, la stragrande maggioranza ($6,5B, l’89% del totale) proviene da Venture Capital, compresi fondi privati, veicoli di finanziamento sostenuti dal pubblico e aziende private. Il 47% di questi finanziamenti è locale, il 20% proviene dagli Stati Uniti, 9% dal resto Europa e UK. Il canale IPO rappresenta invece l’11% del totale (la media europea è 12%) con 38 scaleup che hanno scelto di quotarsi in borsa: sebbene le operazioni più importanti siano avvenute fuori dall’Italia, sta comunque diventando sempre più un canale praticabile per la crescita.

Nel contesto delle loro strategie, piani e processi di open innovation le corporate si stanno spostando sempre più verso il territorio degli investimenti in startup e scaleup, con l’obiettivo finale di aumentare le opportunità di un’efficace collaborazione – ha concluso Alberto Onetti – In Italia questa tendenza è notevolmente visibile. Le corporate hanno partecipato in round di finanziamento che rappresentano il 46% del capitale totale, ovvero complessivamente 3 miliardi di dollari, con un aumento sostanziale rispetto al 32% del 2020”.

Cosa dicono e cosa chiedono le scaleup italiane?

Come parte della ricerca, Mind the Bridge ha chiesto alle scaleup italiane di indicare i principali ostacoli allo sviluppo dell’ecosistema italiano e le azioni che potrebbero aiutare a sostenerne la crescita. Ed ecco cosa è emerso:

Ostacoli:

  • Difficoltà nei processi di tech transfer e valorizzazione dell’IP
  • Difficoltà di accesso ai fondi
  • Limiti culturali
  • Sistema Paese che non favorisce l’imprenditorialità
  • Mercato del lavoro inadeguato
  • Limitate opportunità di exit

Aree di possibile intervento

  • Rafforzamento dei processi di tech transfer
  • Incentivi per l’accesso ai fondi
  • Formazione
  • Governance
  • Rinnovamento mercato del lavoro
  • Rafforzamento del mercato delle exit

Le indicazioni raccolte sono state consegnate da Mind the Bridge ad InnovUp e a Italian Tech Alliance che si impegneranno a valutarle nell’ambito delle attività di rappresentanza del settore.